L’Associazione Ruggero Toffolutti all’incontro con don Ciotti

L’Associazione Ruggero Toffolutti all’incontro con don Ciotti

Valeria Toffolutti Parrini

Giovedì 19 maggio 2016 – Centro Giovani Piombino.

Intervento dell’associazione Ruggero Toffolutti all’incontro con don Ciotti

Giustizia, lavoro, legalità: quali prospettive a Piombino.

Siamo invitati a parlare di lavoro. E lo facciamo con la consapevolezza che gli altri elementi di questo confronto, legalità e giustizia, sono facce della stessa medaglia. Se non altro perché c’è il lavoro nero, sfruttato, deregolato. Che costa la vita. E perché chi muore sul lavoro non ha mai giustizia. Fatte salve, talvolta, le stragi in contemporanea. Eppure in Italia, è Thyssen ogni due-tre giorni.

Piombino ha dato il suo bel contributo. E continua a darlo anche in fatto di malattie professionali. Penso all’amianto e al mesotelioma.

La nostra città , legata a doppio filo ai destini di una siderurgia che parla etrusco, sta attraversando un periodo molto pesante. Lo sappiamo. Recentemente la firma del contratto per l’acquisizione del forno elettrico ha aperto uno spiraglio. E questo è importante, positivo. Non scontato. Resta però ancora da vedere come l’azienda riuscirà a far fronte al pagamento di somme così ingenti entro maggio per procedere nei programmi. Non è un passaggio da poco. E tutti incrociamo le dita. Insieme ai lavoratori, alle istituzioni, ai sindacati.

Rimane il fatto che dal punto di vista sociale la situazione non è e non sarà rassicurante ancora per un po’. Nella migliore delle ipotesi i sindacati potranno ottenere il prolungamento della Cig per chi l’ha terminata. 28 mesi saranno lunghi e, realisticamente, chissà se basteranno. Comunque sia, le conseguenze di impoverimento ulteriore sono prevedibili in tutti i settori economici della città. Già messa alla prova come ci testimoniano gli indicatori sociali e gli altri interventi.

Non è necessario essere gufi per fare queste osservazioni. Basta stare con i piedi per terra. Come non è necessario essere gufi se si insiste, e noi lo facciamo da quasi vent’anni, quindi saremmo gufi reali, su un dato di fatto inossidabile: la contrapposizione tra lavoro da un lato, salute, sicurezza e ambiente dall’altro è, storicamente, il metodo migliore per perdere da tutti i punti di vista. Anche dell’occupazione.

E’ la cosa più facile, contrapporre una occupazione purchessia al rispetto delle persone , dentro e fuori il perimetro industriale, e dell’ambiente. Soprattutto in tempi di crisi e quindi di ricattabilità ancor più esasperata. Ma porta poco lontano.

Di sicuro, un modello di sviluppo basato sul valore unico, irripetibile, non risarcibile, sempre che si possa risarcire il risultato di certe mancanze e dei vuoti che lasciano, richiede uno sforzo maggiore. Ma è da qui che si deve ripartire. Anche qua.

Crisi generale e crisi locale rischiano, invece, di produrre soluzioni che segnerebbero ancora a lungo questo territorio. Dopo decenni di incuria da parte delle aziende titolari degli impianti e delle autorità responsabili dei controlli , le bonifiche sono assolutamente indispensabili. Sono indispensabili in primo luogo per la costruzione dei nuovi impianti Aferpi: senza bonifiche non potranno, infatti, partire nemmeno i lavori di reindustrializzazione.

Sono indispensabili per salvaguardare gli operai che lavorano a contatto di sostanze non ancora neppure adeguatamente classificate, tra cui alcune sicuramente pericolose. Sono indispensabili per i lavoratori dell’indotto, ai quali è stato promesso che nelle bonifiche troveranno uno sbocco occupazionale.

Sono indispensabili per la salute dei residenti di Piombino, a cominciare da quelli dei quartieri più prossimi all’area industriale (Colmata, Cotone, Poggetto…), e per la complessiva riqualificazione ambientale e diversificazione economica (pensiamo all’agricoltura e al turismo di qualità).

Le bonifiche non possono quindi risolversi in una generica tombatura superficiale, come invece sembrano proporsi Aferpi, e lo stesso Comune di Piombino, per le aree di rispettiva competenza, in ossequio a una inefficace e pericolosa logica del risparmio.

Siamo convinti, inoltre, che l’ampliamento della discarica di Ischia di Crociano debba essere al servizio delle bonifiche del nostro territorio e debba accogliere tutti quei materiali che non possono essere riciclati.

Pensiamo però che l’ampliamento non debba essere fonte di pericolo per l’ambiente e la salute: in questa logica, insieme alle associazioni Lavoro, salute, dignità, Restiamo umani, Legambiente e alcuni cittadini di Colmata, abbiamo inviato alla Regione Toscana 11“Osservazioni” sul progetto della discarica, a proposito delle quali siamo in attesa di risposta. Nello stesso tempo riteniamo che i volumi della discarica debbano essere giustificati dalle esigenze del nostro territorio. Del nostro territorio.

Di questo parleremo qua sabato 28 in un incontro aperto a tutti. Un’occasione di confronto democratico come le altre portate avanti nel 2015 dallo stesso gruppo. E che , singolarmente, portiamo avanti in varie direzioni. Avendo , come unico riferimento , il nostro obiettivo statutario. Che è quello di sensibilizzare su questi argomenti. Con ogni strumento non violento. C’è scritto così. Lo perseguiamo con i nostri limiti. Ma a schiena dritta. Nel rispetto degli altri. Di noi stessi. Dei nostri morti.

Dunque, lavoro, giustizia, legalità. E partecipazione. Che non è una parola da rispolverare solo quando fa comodo. Tipo, in tempo di elezioni. Il confronto non può rimanere relegato alla sfera dei cosiddetti addetti ai lavori. Perché se istituzioni, partiti, imprenditori, sindacati riuscissero, o volessero, produrre risultati, tutto filerebbe liscio. E noi troveremmo volentieri altre cose da fare Anche don Ciotti si sceglierebbe qualche altro argomento se la mafia non continuasse ad essere un problema così grave.

Anni fa, la voglia di sapere, di approfondire, e anche di protestare ha impedito ad esempio che la centrale Enel di Torre del sale fosse raddoppiata e riconvertita a carbone. Con buona pace delle potenzialità turistiche che adesso per fortuna si coltivano sulla costa est.

Quella stessa voglia di associazioni e comitati, della parrocchia del Cotone, (raccolte di firme, esposti in procura, manifestazioni) ha fatto da battistrada potente alla chiusura della batteria 27 forni della cokeria dopo decenni di illegalità totale, con gli Ipa cancerogeni alle stelle. Fu un giorno benedetto quello in cui il sindaco firmò quell’atto. Ma ce lo ricordiamo?

“Non ci farete morire a norma di legge”: dice uno striscione sorretto da alcune donne di Taranto. Perchè a volte la legalità non basta. Le regole devono essere cambiate. Migliorate. Applicate. Avendo chiaro che la sicurezza dei luoghi di lavoro, delle modalità produttive, non è un limite. Ma una scelta di civiltà che si salda ad un’idea di sicurezza più ampia. Quella del rispetto ambientale, della dignità delle persone qua come nel resto del pianeta.

Persone portatrici di diritti proprio perché persone. Persone che nessun muro, nessun respingimento riuscirà a fermare se non smetteremo di vendere armi a chi le tiranneggia, di affamarle e di sfruttarle, perpetuando questi modelli di sviluppo e i nostri comportamenti personali. E quindi, se non lavoreremo anche sulle nostre coscienze.

E non sarà certo sfruttarle qui , quelle persone, che risolverà il problema. E non sarà certo incutendo paura nei lavoratori, come invece suggerisce l’ad di Enel, Francesco Starace in una lezione agli studenti della Luiss, che le cose andranno nel senso della giustizia e della legalità. C’è da fare molto.

Associazione Ruggero Toffolutti

per la sicurezza dei luoghi di lavoro